Francesca Bresciani

Francesca Bresciani

Francesca Bresciani

Roma, attestata seconda metà XVII sec.

Cappella del Santissimo Sacramento, particolare del Tabernacolo con intarsi di lapislazzulo eseguiti da F.B., Basilica di San Pietro in Vaticano, 1673-4.

Per gentile concessione della Fabbrica di San Pietro in Vaticano.

Francesca Bresciani è un’intagliatrice di pietre dure attiva a Roma nella seconda metà del Seicento. Fino a qualche anno fa la sua personalità è stata incerta e confusa a causa della scarsità di notizie biografiche, ancora purtroppo insufficienti, che non avevano consentito di operare neppure una netta distinzione con l’attività di suo padre, Francesco Bresciani. Il nome di quest’ultimo compare nei mandati di pagamento del cantiere della Cappella Cornaro, capolavoro di Gian Lorenzo Bernini nella Chiesa di Santa Maria della Vittoria, come “incisore di cristalli” (Napoleone 1998) e quindi probabile artefice della lavorazione dei lapislazzuli del paliotto con la celebre raffigurazione dell’Ultima Cena. In alcuni casi il lavoro viene assegnato a Francesca Bresciani (Napoleone 1999; Gunter 2000), creando un equivoco che è stato chiarito grazie ai documenti rintracciati nell’Archivio Storico Generale della Fabbrica di San Pietro in Vaticano, di recente studiati e pubblicati (Di Sante, Guido 2016, 2017). In una supplica inviata in più copie ad alcuni membri della Congregazione della Fabbrica nel 1672 per ottenere l’incarico della decorazione in lapislazzuli del tabernacolo del Santissimo Sacramento della basilica vaticana – prezioso esempio di arte orafa elevato a scala monumentale realizzato da Bernini per papa Clemente X – Francesca si presenta come figlia del quondam Francesco Bresciani. Si propone quindi quale figlia d’arte, cosa non rara nella storia dell’oreficeria e dell’intaglio di pietre dure, se si considerano alcuni precedenti illustri come il caso di Valerio Belli, celebre intagliatore vicentino di cristallo di rocca che secondo Vasari insegnò con successo l’arte a sua figlia (Vasari 1976) o il caso delle due sorelle Anna Cecilia e Caterina Hamerani, contemporanee di Francesca Bresciani, appartenenti alla famosa dinastia di orafi di origine bavarese attivi a Roma dalla fine del XVI alla prima metà del Settecento (Bulgari 1958). Francesca si dichiara esperta nella lavorazione del lapislazzuli e afferma di aver fatto molti lavori di intaglio per diversi principi romani: non sorprenderebbe dunque la sua attiva partecipazione alla lavorazione del paliotto dell’Ultima cena della Cappella Cornaro.

Nonostante allo stato attuale delle ricerche nessun altro lavoro possa essere ricondotto a Francesco e Francesca Bresciani, i nomi apposti in calce alla supplica scritta ai prelati della Fabbrica danno luce alla fama che Francesca aveva prima ancora di iniziare il lavoro per San Pietro. I nomi coinvolti sono quelli dei membri più illustri della curia papale durante il pontificato di Clemente X, ad iniziare dal cardinale nipote Paluzzo Paluzzi degli Albertoni. Sulla supplica a lui indirizzata il cardinale scrive una nota per l’economo della Fabbrica: “procuri di renderla consolata con prenderne prima informatione” (AFSP, Arm. 12, A, 57, f. 28v). L’economo deve aver preso informazioni in quanto scrive: “la raccomanda il signor cardinale Orsino” (AFSP, Arm. 1, B, 12, n. 4, f. 6v). Si tratta di Virginio Orsini, nominato cardinale da Urbano VIII nel 1641, mecenate di artisti come Lanfranco e in stretti rapporti di amicizia con Bernini, nonché collezionista di eleganti arredi e opere d’arte e quindi possibile cliente dei lavori di intaglio di pietre dure di Francesco Bresciani e di sua figlia. Un altro garante di Francesca risulta essere Alderano II Cibo-Malaspina, creato cardinale da Innocenzo X Pamphili, ricco e influente prelato, anch’egli collezionista di preziosi arredi e opere d’arte (AFSP, Arm. 12, D, 4c, n. 10, f. 191v).

Fra il 1672 e il 1673 Francesca sposa Gerij Doyson, fabbro di origine fiamminga con bottega a Roma in Via dei Coronari (Napoleone 1999) del quale si hanno maggiori notizie biografiche.

Nato intorno al 1639 a Villaren, nella diocesi di Cambrai, da dove quasi certamente proveniva anche Arrigo Giardè (Bartoni 2012), uno dei più stretti collaboratori di Bernini, nel 1666 Gerij lavora per la Zecca Camerale a fianco di Gaspare Morone Mola. L’attività di Doyson, molto qualificata, va oltre il lavoro di semplice fabbro: tra 1670 e il 1672 ad esempio realizza alcuni sigilli per la segreteria del cardinale nipote Paluzzo Altieri; una lettiga per papa Clemente X Altieri e altre per papa Innocenzo XI Odescalchi (Gunter 1997). Muore il 18 agosto 1679 a circa cinquant’anni e viene sepolto nella Chiesa di Santa Maria in Campo Santo Teutonico, dove soltanto quattro anni prima era stato seppellito suo figlio Giovanni Battista, morto prematuramente. Gerij lascia la sua attività ai tre figli Giovanni Francesco, Antonio e Andrea, probabilmente avuti dalla prima moglie Anna, morta nel 1669 (Bertolotti 1880).

L’informazione che Francesca Bresciani fosse la più brava fra i candidati al lavoro della decorazione del tabernacolo del Santissimo Sacramento in Vaticano è riferita dai documenti della Fabbrica, dai quali si apprende che Bernini non la conosceva ma gli avevano riferito “esser migliore la donna” (AFSP, Arm. 12, D, 4c, n. 10, f. 188r). La fama di Francesca è superiore a quelle di altri possibili intagliatori e le viene dunque assegnata la parte più complessa del lavoro, quella a vista sul fronte.

Diviene così la protagonista della realizzazione di quello che è l’elemento distintivo del tabernacolo del Santissimo Sacramento: la decorazione in purissimo lapislazzuli che riveste per il 50% la struttura architettonica in bronzo dorato. Un’opera realizzata in poco meno di due anni (febbraio 1673-dicembre 1674), per la quale si prodiga in modo straordinario lavorando fino a tarda notte e dirigendo l’attività di diversi lavoranti in una bottega messa a sua disposizione dalla Fabbrica nel quartiere di Borgo, composta da due stanze terrene con cantina, cortile con pozzo e vasche, di proprietà della signora Girolama Cinzia Porrini.

Il marito è al suo fianco in tutte le fasi di lavorazione del tabernacolo, firma per lei le ricevute di pagamento, ma non compare mai come diretto esecutore dei lavori.

Francesca si rivela una donna forte e audace, che non teme di criticare l’inadeguatezza nella valutazione del suo lavoro da parte del settantasettenne Bernini. Mette infatti in discussione la perizia fatta dal potentissimo artista, contestandone la professionalità. In una lettera inviata ai membri della Congregazione della Fabbrica nel marzo del 1675 lamenta che il lavoro fosse stato valutato “a palmi ad uso di scalpellini senza intervento dell’oratrice con la valutatione fatta a lor modo[…]; è parso al detto signor cavaliere [Bernini] contro ogni dovere et uso dell’arte fare tutta una tara senza distinguere il prezzo d’un lavoro all’altro […]”. Chiede dunque di far rivalutare la sua opera da persone esperte di oreficeria e non solo della lavorazione della pietra: “Pertanto la detta oratrice […] supplica […] che sia rivisto da persone intendenti dell’esercizio essendo assai diverso il lavoro delle pietre da quello delle gioie”(AFSP, Arm. 42, C, 96, alla data del 27 marzo 1675).

Francesca Bresciani viene alla fine ricompensata ottenendo circa trecento scudi in più rispetto all’iniziale valutazione di Bernini. A lei inoltre la Fabbrica commissionerà anche il lavoro di intaglio e messa in opera del fondo in pietra blu per la croce fusa da Girolamo Lucenti nel 1678 aggiunta al tabernacolo del Santissimo Sacramento: un crocifisso in bronzo dorato e purissimo lapislazzuli che rappresenta il testamento spirituale dell’ottantenne Bernini, che morirà due anni più tardi (Martinelli 1996).

Assunta Di Sante


Fonti archivistiche e Bibliografia

Archivio Storico Generale della Fabbrica di San Pietro in Vaticano (AFSP)

Arm. 1, B, 12, n. 4, f. 6v

Arm. 12, A, 57, f. 28v

Arm. 12, D, 4c, n. 10, ff. 188r, 191v

Arm. 42, C, 96, alla data del 27 marzo 1675

Antonino Bertolotti, “Artisti belgi ed olandesi a Roma nei secoli XVI e XVII: notizie e documenti raccolti negli archivi romani”, in Gazzetta d’Italia, 1880, p. 21.

Giorgio Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori scultori e architettori, nelle redazioni del 1550 e 1568, a cura di R. Bettarini e P. Barocchi, SPES, Firenze 1976, vol. IV [Testo] pp. 619-630, in particolare pp. 625-628.

Costantino Bulgari, Argentieri, gemmari e orafi d’Italia: notizie storiche e raccolta dei loro contrassegni, Del Turco, Roma 1958, II, pp. 7-9.

Valentino Martinelli, “L’ultimo crocifisso del Bernini”, in L’ultimo Bernini, a cura di V. Martinelli, Quasar, Roma 1996, pp. 161-179.

Alfredo Marchionne Gunter, “Documenti della Fabbrica su crocefissi, opere bronzee berniniane e altri lavori per l’arredo barocco della Basilica Vaticana”, in Archivio della Società Romana di Storia Patria, 120, Roma 1997, pp. 167-209, in particolare pp. 205-206.

Caterina Napoleone, “Bernini e il cantiere della Cappella Cornaro”, in Antologia di belle arti, Torino 1998, Nuova Serie, 55/58, pp. 172-186 in particolare pp. 180, 185-186.

Enciclopedia di Roma dalle origini all’anno Duemila, a cura di C. Napoleone, Franco Maria Ricci, Milano 1999, p. 379.

Alfredo Marchionne Gunter, Santa Maria della Vittoria, in Roma Sacra. Guide alle chiese della città eterna, Gennaio, anno VI, 17, Elio de Rosa, Roma 2000, pp. 34-43, in particolare p. 39.

Laura Bartoni, Le vie degli artisti: residenze e botteghe nella Roma barocca dai registri di Sant’Andrea delle Fratte (1650-1699), Edizioni Nuova Cultura, Roma 2012, pp. 59, 213-216.

Assunta Di Sante, Sante Guido, “Francesca Bresciani tagliatrice di lapislazzuli per il tabernacolo di Bernini “che si fa del Santissimo in S. Pietro”, in A. Di Sante e S. Turriziani (a cura di), Quando la Fabbrica costruì San Pietro. Un cantiere di lavoro, di pietà cristiana e di umanità (secc. XVI-XIX), Il Formichiere, Foligno 2016, pp. 257-295.

Assunta Di Sante e Sante Guido, “Francesca Bresciani tagliatrice di lapislazzuli per il tabernacolo di Bernini ”, in Le donne nel cantiere di San Pietro in Vaticano. Artiste, artigiane e imprenditrici dal XVI al XIX secolo a cura di A. Di Sante e S. Turriziani, Il Formichiere, Foligno 2017, pp. 73-103.

Previous
Previous

Anna Stanchi