Elisabetta e Girolama Parasole

Girolama Parasole, Ritratto, Roma, Accademia San Luca, 1612. Image courtesy Accademia San Luca.jpeg

Elisabetta e Girolama Parasole

Elisabetta (Isabella/Isabetta) Cattaneo Parasole

Bergamo? 1581? - Roma, 1617

Girolama Cagnucci Parasole

Roma? 1567? - Roma, 1622

Ritratto di Girolama Parasoli, Roma, Accademia di San Luca, datato 1612.

Di Elisabetta e Girolama Parasole non abbiamo ancora notizie sufficienti per ricostruire il loro ruolo e la loro attività in modo accurato.

Sposate rispettivamente con i fratelli Rosato (doc. 1592 - 1622) e Leonardo (doc. 1585 - 1611) Parasole, il primo mosaicista e il secondo incisore, originari di Visso, Elisabetta e Girolama sono state confuse tra loro in diverse occasioni. Nelle Vite de’ pittori, scultori et architetti… (1642) di Giovanni Baglione si legge: “Isabella Parasoli Romana fu moglie di Leonardo”. Questa menzione ha generato un errore che è stato a lungo ripetuto negli studi e soprattutto ha messo in ombra la figura di Girolama, vera moglie di Leonardo e madre di Bernardino (Roma, gennaio 1594 - ante 1642), allievo di Giuseppe Cesari, il Cavalier d’Arpino.

Di Elisabetta, detta “bergamasca”, sappiamo che fu allevata nel Conservatorio di Santa Caterina della Rosa de’ Funari fino al 1593, anno in cui sposò Rosato Parasole, vedovo di tale Diamante Crespellaro e con una figlia di pochi mesi, Ascentia. Presumibilmente è nel monastero e conservatorio che ospitava fanciulle “pericolanti”, cioè le figlie delle curiali ma anche ragazze orfane o di famiglia povera, che Elisabetta ha ricevuto una prima formazione, in seguito perfezionata all’interno della bottega di famiglia. Sappiamo che nel conservatorio di Santa Caterina si imparava a “cucire, filare e ricamare. [...] Questo rapporto con il tessuto fu anche un mezzo per conoscersi, una via di comunicazione per i sentimenti [...] Il lavoro tessile di cucito e ricamo delle ragazze garantiva un’entrata mensile all’istituto e un mestiere a loro” (Vasaio 1984).

Dunque Elisabetta si inserisce pienamente all’interno della tradizione dei modellari di ricamo: un genere che seppe reinventare con straordinaria originalità. Tra le sue opere si distingue il Teatro delle nobili et virtuose donne (1616), dedicato alla regina di Spagna Elisabetta di Borbone, il cui frontespizio fu inciso da Francesco Villamena. Il ritratto della regina è rappresentato in basso tra due amorini, mentre lo stemma araldico è sorretto da due fame con trombe. In questo volume Elisabetta riproduce esempi di merletto a reticella, a punto in aria, a “piombini” o fuselli, e infine esempi di merletto a maglia. Il tutto tramite la tecnica xilografica. La dedica, in cui la giovane Parasole si paragona alla mitica Aracne, denota una notevole capacità di nutrire relazioni e contatti internazionali di prestigio (Lincoln 2011).

Nel frontespizio Elisabetta dimostra anche di essere pienamente inserita nella cerchia di Giuseppe Cesari: gli amorini che recano il ritratto della regina sono stati messi in relazione con uno dei puttini realizzati per il Giardino Segreto del cosiddetto Palazzo di Sisto V a Parione (Calenne 2010), opera forse dell’allievo Cesare Rossetti. A rafforzare tale ipotesi la presenza del marito Rosato tra gli aiutanti del Cesari nella decorazione a mosaico della cupola di San Pietro in Vaticano (Röttgen 2003). Recentemente è stata proposta l’attribuzione di un disegno preparatorio a penna e inchiostro bruno per il frontespizio (Metropolitan Museum, New York, cat. 1970.113.4) a Rosato o Bernardino Parasole (Rinaldi 2017), o alla cerchia del Cavalier D’Arpino (Bolzoni 2016).

Altre opere sono Fiori d’ogni virtù per le nobili et honeste matrone (1610); Lo Specchio delle Virtuose Donne (1596), la cui dedicataria è Felice Maria Orsini Caetani; Specchio delle Virtuose Donne (1597 Roma), dedicato a Juana de Aragóna, duchessa di Soma e duchessa di Sessa; Studio delle Virtuose Dame (1598 Roma); Pretiosa gemma delle Virtuose Donne (1598 Roma, 1600 Venezia), Seconda Pretiosa gemma delle Virtuose Donne (1601 Venezia con aggiunte di Luca Gargano), rieditato per Girolama Colonna.

È stata proposta anche una collaborazione di Elisabetta Parasole alle illustrazioni dell’Herbario Novo di Castore Durante, in via documentaria attribuibili solo a Leonardo Parasole (Di Castro 2004). L’opera, pubblicata nel 1585, illustra con meticolosità, finezza e pittoricismo Le vive piante che nascono in tutta Europa e nelle Indie Orientali e Occidentali. Oggi si ritiene che l’opera debba invece essere attribuita alla cognata Girolama, la cui dote nel 1585 venne utilizzata dalla bottega Parasole per avviare una dispendiosa operazione di stampa. Un documento datato 1585 ricorda Leonardo e la moglie Girolama per aver “collaborato con Bericchia e Torneri alla stampa di quelle figure che rappresentavano le vive piante che nascono in tutta Europa et nelle Indie orientali et occidentali” (Masetti Zannini 1980).

Di nuovo le due figure si confondono quando il Baglione attribuisce alcune illustrazioni del “Libro dell’herbe del Principe Cesi d’Acquasparta” a Elisabetta Parasole anzichè alla cognata Girolama. Al grande Compendio sulla flora e la fauna delle Americhe latine (Mexicanarum plantarum imagines), commissionato dal Principe dell’Accademia dei Lincei Federico Cesi, hanno contribuito invece Girolama e il marito Leonardo, come hanno concluso chiaramente gli studi di Marco Pupillo (Pupillo 2009). Tale raccolta confluirà nel Tesoro Messicano del 1651.

Girolama Parasole fu sicuramente l’esecutrice del Giove Pluvio – tratto dai rilievi della Colonna di Marco Aurelio – per il secondo volume degli Annales Ecclesiastici (1594) realizzato per la Tipografia degli Oratoriani, fondata dal cardinal Cesare Baronio (Finocchiaro 2005). Il Giove Pluvio venne richiesto appositamente a Girolama dal cardinale, che non era rimasto soddisfatto della versione incisa per l’edizione degli Annales stampati dalla Tipografia Vaticana, ed evidenzia le spiccate abilità tecniche ed espressive dell’artista.

Artista ormai matura, Girolama seppe conquistare la fiducia di Antonio Tempesta, forse conosciuto durante la lavorazione degli Evangelium Sanctum Domini per la Tipografia Medicea Orientale (Tinto 1987). Tempesta affidò a Girolama l’incisione de La battaglia dei Centauri e Lapiti (1600), un Giudizio Universale (ante 1622), un’incisione su asta di bambù con la Visione di San Filippo Neri (1600) e la serie dei Santi ed Eremiti (ante 1622). Lo studio aurorale della serie, in particolare del Mosè, ha recentemente sollevato perplessità sull’attribuzione a Girolama che qui si firmerebbe “P.M.” e “P.M.F.”. Il pagamento datato 1594 (Tinto 1987) che Giovan Battista Raimondi – fondatore della Tipografia Medicea Orientale – effettuò all’artista Paul Maupin di Amiens per l’incisione di un Mosè, di un Giovanni Evangelista e di un San Paolo su disegno di Antonio Tempesta, incoraggia ad approfondire le ricerche prendendo in considerazione l’ipotesi che tale sigla possa corrispondere a Paul Maupin (Fecit). Se così fosse, allora la serie dei Santi ed Eremiti, catalogata ancora a favore di Girolama, potrebbe essere stata incisa dall’artista francese.

Un’altra interessante linea di ricerca - sollecitata dagli studi di Furio Rinaldi - vede Girolama Cagnuccia affiancata dal figlio Bernardino Parasole, o da un artista appartenente alla cerchia del Cavalier d’Arpino, nelle incisioni del Mosè, del San Giovanni Evangelista e del San Paolo; incisioni che si contraddistinguono per un tratto più delicato e nitido.

Concludiamo con la spinosa questione dell’Accademia di San Luca, dove si conserva un Ritratto in veste vedovile di Girolama Parasole datato 1612, anno di morte del marito Leonardo. Questo dipinto ci fa riflettere sul ruolo di Girolama sia nella bottega Parasole che sulla scena artistica della Roma di quegli anni.

Nel 1607, infatti, l’illustre accademia romana adottò uno statuto atto a ricevere le “donne insigni nell’Arte […] ma non abbiano luogo in seduta”. Ciò ha segnato una svolta nella storia delle donne che, per la prima volta, entrarono a far parte di un’istituzione ricevendo un’istruzione vicina a quella dei propri colleghi (Lollobrigida 2017). Come avveniva per qualsiasi artista, anche alle donne al momento dell’ammissione veniva richiesto di donare un’opera della loro arte. Tale usanza si deve probabilmente a Federico Zuccari, primo Principe dell’Accademia di San Luca nel 1593 che, prendendo a modello l’Accademia del Disegno di Firenze, donò un suo ritratto (Incisa Della Rocchetta 1979; Marzinotto 2011).

Eppure, dalle scarse e frammentarie fonti che ci sono pervenute, Girolama non risulta ufficialmente tra le accademiche. “Parasoli Isabella, intagliatrice” trova invece riscontro nella lista del Missirini dedicata alle pittrici accademiche di San Luca (1823).
Ad oggi, Elisabetta Parasole potrebbe essere la prima donna ad essere stata ammessa in Accademia, ancor prima dell’ingresso di Artemisia Gentileschi nell’Accademia fiorentina del Disegno nel 1616.

Girolama potrebbe altresì essere stata la prima artista ad aver collaborato con i Lincei, aprendo la strada ad altre figure femminili come Giovanna Garzoni, mentre la collaborazione di Elisabetta, e presumibilmente anche di Girolama, con il Cavalier d’Arpino dimostrerebbe un ruolo tutt’altro che subalterno delle donne artiste nelle grandi botteghe romane tra fine Cinquecento e Seicento.

Girolama muore nel luglio 1622 e viene sepolta, come il marito, alla Chiesa Nuova. Nel Libro dei morti della parrocchia dei Ss. Vincenzo e Anastasio è definita “pittrice e scultrice”.

Annalisa Rinaldi


(Abstract from Furio Rinaldi, “The Roman Maniera: Newly Identified Drawings”, in Metropolitan Museum Journal, 52, 2017, pp. 136-138).

An ornamental design in the collections of the Metropolitan Museum of Art in New York, formerly catalogued asa work by Andrea Lilio, provides solid groundwork for reestablishing the personality of Elisabetta Catanea Parasole (ca. 1580 - 1617), the celebrated designer of textile pattern books and needlework manuals, and her connections with artists from the workshop of Giuseppe Cesari, called Cavaliere d’Arpino (ca. 1568 - 1640), namely her husband, the painter Rosato Parasole (doc. 1592 - 1622), and her nephew Bernardino Parasole (1594 - ?before 1642).

Vividly drawn with pen and brown ink, with washes and white gouache over black and red chalks, the sheet is incised for transfer with a stylus over the contours of its right half. It is the preparatory drawing for the engraved frontispiece of Elisabetta Parasole’s most accomplished and celebrated work, the textile pattern book Teatro delle nobili et virtuose donne (Theater of the Noble and Virtuous Women), published by Mauritio Bona in Rome in 1616. Marking a crucial turning point in the affirmation of women in the histories of design and printmaking, Elisabetta Parasole’s Teatro is the reedition of her overwhelmingly successful textile book of 1610, Fiore d’ogni virtù per le nobili et honeste matrone (Flower of Virtues for Noble and Honest Women, published in Rome by Antonio Facchetti) and includes twelve additional plates of textile and lace patterns for needlework and a new frontispiece. The Teatro’s fame was recorded by the biographer Giovanni Baglione, who mentioned its newly added frontispiece in his Le vite de’ pittori, scultori et architetti (1642) with an attribution to the engraver Francesco Villamena.

Measuring almost the same size as the engraving, the Metropolitan Museum’s sheet is evidently an early idea for the title page, apart from some differences in the final print. Following a common practice in frontispiece designs, the drawing leaves the two medallions blank, thus without the portrait of the Princess of France and Spain, Elisabetta of Bourbon (1602 - 1644) (to whom the book is dedicated), and her coat of arms. Furthermore, the sheet presents two allegorical figures at the lower corners that will be later discarded from the final design and replaced by emblems of two crossed flaming trunks. The allegorical figures find matches in Cesare Ripa’s allegories illustrated in his Iconologia: at left is the emblem of Intelletto (Intellect), a crowned young man holding a scepter and accompanied by an eagle, while Operatione Perfetta (Perfect Operation, or Better Realization) is embodied at right by a reclining young woman holding a mirror and a square. Although virtuosity, precision, and patience are required in needlework, the two allegories were ultimately eliminated from the final engraving in order to give due prominence to the portrait of Elisabetta of Bourbon.

With regard to the drawing’s attribution, its style and technique embody the qualities of a draftsman belonging to the workshop of Giuseppe Cesari, Cavaliere d’Arpino, as demonstrated by the recognizable and expressive facial features, the compressed anatomies, and the dynamic flow of pen and ink. As the husband of Elisabetta (to whom he was engaged in 1593) and a prominent assistant in Arpino’s Roman workshop, Rosato Parasole could be the author responsible for it. Virtually unknown as a draftsman, Rosato Parasole is well documented in Saint Peter’s between 1601 and 1611 as an artist from Arpino’s entourage who was active on the basilica’s celebrated mosaics in its dome and drum.

As a possible alternative, the name of Bernardino Parasole (1594- ?before 1642) may be offered. The nephew of Elisabetta and Rosato and - most importantly - the son of the Roman printmakers Girolama (Geronima) Cagnaccia and Leonardo Norcino Parasole, Bernardino was also well acquainted with printmaking and design processes, and like his uncle joined the workshop of the Cavaliere d’Arpino at a young age, as later recorded by Baglione. Stylistically devoted to the pictorial manner of his master, Bernardino Parasole’s securely attributed works, such as two painted ovals with Angels in Glory now in the Capodimonte, Naples - paid for in May 1623 by the abbot of Montecassino, Don Pietro da Verona - show a series of flying putti that are strikingly close to those drawn on the cartouche of the sheet. As a talented son of two celebrated printmakers, Bernardino Parasole could well have been involved in the design process of the frontispiece of his aunt’s Teatro.

If indeed the drawing is by either Rosato or Bernardino Parasole, many other drawings may now be attributed to the hands of the recognizable draftsmen. A dynamic bacchanal with a reclining Silenus in Columbus, Ohio, certainly belongs to the same hand, while other drawings by the Parasoles may appear among a corpus recently attributed to another member of Arpino’s circle, Cesare Rossetti (ca. 1560 - 1644).

Throughout his career, the Cavaliere d’Arpino was significantly involved in printmaking and produced designs for title pages, celebratory prints, and reproductive engravings after his paintings and drawings.
He used the help of engravers based in Rome such as Raffaele Guidi, Philippe Thomassin, Johann Fredrich Greuter, and Francesco Villamena. Villamena, according to Baglione, was the engraver of the Teatro frontispiece. Based on the Metropolitan Museum’s newly attributed sheet, this activity can now be extended to other members of the Cavaliere’s workshop. The Cavaliere, the last proponent of the stylistic language that derived from Raphael and Michelangelo and was echoed by Perino del Vaga, Daniele da Volterra, and Girolamo Muziano, embodied in his drawings the contradictions of a transitional period that we have outlined here through some of its key personalities. With a career spanning more than six decades, Arpino played a critical role in keeping the legacy of Renaissance drawing alive in Rome. He outlived by many years Annibale Carracci, whose radical naturalism set new standards. His own draftsmanship, stylish and nostalgic, sounded a swan song that could not survive the clarion call with which Caravaggism would challenge traditional design practices.

Furio Rinaldi

Curator in the Achenbach Foundation for Graphic Arts, Fine Arts Museums of San Francisco, San Francisco, USA


Fonti e Bibliografia

Giovanni Baglione, Le vite de’ pittori, scultori et architetti. Dal Pontificato di Gregorio XIII del 1572 in fino a’ tempi di Papa Urbano VIII nel 1642, Fei, Roma 1642, pp. 394-395.

Melchior Missirini, Memorie per servire alla storia della Romana Accademica di San Luca fino alla morte di Antonio Canova, Stamperia de Romanis, Roma 1823.

Giovanni Incisa della Rocchetta (a cura di), La collezione dei ritratti di San Luca, Roma, 1979.

Gian Ludovico Masetti Zannini, Stampatori e librai a Roma nella seconda metà nel Cinquecento, Palombi Editori, Roma, 1980.

Maria Elena Vasaio, Il tessuto della virtù, in Memoria, 1984, 11-12.

Alberto Tinto, La tipografia medicea orientale, Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca 1987.

Herwarth Röttgen, Il Cavalier Giuseppe Cesari d’Arpino. Un grande pittore nello splendore della fama e nell’incostanza della fortuna, Ugo Bozzi Editore, Roma, 2003.

Francesca Di Castro, “Isabella Catanea Parasole e il teatro delle nobil e virtuose donne” in Strenna dei Romanisti, LXV, Roma 2004, p. 234.

Giuseppe Finocchiaro, Cesare Baronio e la tipografia dell’oratorio. Impresa e ideologia, Olschki, Firenze 2005.

Marco Pupillo, “Gli incisori di Baronio. Il maestro “MGF”, Philippe Thomassin, Leonardo e Girolama Parasole”, in Gulia Luigi (a cura di), Baronio e le sue fonti. Atti del Convegno internazionale di studi Sora 10-13 ottobre 2007, Centro di Studi Sorani "Vincenzo Patriarca", Sora 2007, pp. 833-866.

Luca Calenne, Prime ricerche su Orazio Zecca da Montefortino (oggi Artena). Dalla bottega del Cavalier d’Arpino a quella di Francesco Nappi, Gangemi Editore, Roma 2010.

Evelyn Lincoln, “Invention, Origin, and Dedication. Republishing Women’s Prints in Early Modern Italy”, in Making and Unmaking Intellectual Property. Creative Production in Legal and Cultural Perspective, (a cura di) Mario Bagioli, Peter Jaszi, Martha Woodmansee, The University of Chicago Press, London 2011, pp. 339-355.

Marco Simone Bolzoni, “Connoisseurship e disegno: il caso della “compagnia” di Giuseppe Cesari d’Arpino”, in Albl Stefan, Aggujaro Alina (a cura di), Il metodo del conoscitore. Approcci, limiti, prospettive, Artemide, Roma, 2016, pp. 65-82.

Consuelo Lollobrigida, Plautilla Bricci. Pictura et Architectura Celebris. L’architettrice del Barocco Romano, Gangemi editore international, Roma 2017.

Furio Rinaldi, “The Roman Maniera: Newly Identified Drawings”, in Metropolitan Museum Journal, 52, 2017, pp. 128-138.

Marika Marzinotto,“La collezione dei ritratti accademici: origine, incrementi e definizione dei modelli iconografici nei sec. XVI e XVII”, in Atti dell’Accademia nazionale di S. Luca (2009-2010), Accademia di S. Luca, Roma 2011.

Oliver Tostmann, Isabella Catanea Parasole, in By Her Hand, catalogo della mostra, Wadsworth Atheneum, Hartford, CT 2021-2022; Detroit Institute of Arts, Detroit, MI 2022, schede nn. 22-23, pp. 99-100.

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