12 Clorinda Regnier

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Clorinda Regnier

Roma, xxxx - xxxx

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“Haveva Orazio una figlia chiamata Artemisia, che nella pittura si rese gloriosa, e sarebbe stata degna d’ogni stima se fusse stata di qualità più onesta e onorata”. (Passeri 1772, p. 122).

“Maritata poi e condotta dal Marito in Firenze sua Patria, quivi fece Quadri, et Ritratti tanto stimati, e pregiati che… adornarono et tuttavia adornano le camere et sale de’ maggiori et più pregiati huomini e Principi illustrissimi, et serenissimi insieme [crossed out: in lode di cui (degnamente però i più elevati ingegni di Firenze [oltre quei di Roma] fecero compositioni nobilissime) tra’ quali] che hoggi vivano della detta Città”. (Cristofano Bronzini 1615-22, in Barker 2018, p. 433).

“In casa di Giovanni Luigi Arrighetti nobile Fiorentino è un bel quadro di mano dell’Artemisia, in cui rappresentò ella in proporzione poco meno di naturale l’Aurora vaga femmina ignuda con chiome sparse, e braccia stese innalzate verso il Cielo, ed essa in atto di sollevarsi dal suo orizzonte, nel quale veggonsi apparire i primi albori, e di portarsi a sgombrare alquanto le fosche caligini della notte. E veramente ell’è opera bella, e che fa conoscere fino a qual segno giungesse l’ingegno, e la mano d’una tal donna”. (Baldinucci 1680 c., p. 253).

 Anche se non è la prima artista ‘professionista’ dell’età moderna, Artemisia Gentileschi è diventata un’icona del femminismo e della storia delle donne perché, oltre a essere stata un’artista straordinaria, ha vissuto una vita altrettanto straordinaria.

Artemisia nasce a Roma l’8 luglio 1593 da Orazio e Prudenzia di Ottaviano Montoni, primogenita e unica femmina di sei figli. Orazio Gentileschi era nato a Pisa (battezzato il 9 luglio 1563) da una dinastia di artisti e orafi di origine fiorentina. Gentileschi era il cognome materno, mentre quello paterno era Lomi, che Artemisia utilizzerà durante il suo soggiornoa Firenze, dove era ancora viva la fama sia del nonno orafo Giovan Battista che degli zii Baccio e Aurelio, fratelli maggiori di Orazio, entrambi pittori.

Orazio approda a Roma da adolescente (tra il 1576 e il 1578)e diventa unpittore prima tardo manierista, poiinfluenzatodal naturalismo di Caravaggio, di cui era anche amico personale, come si evince dalla testimonianza resa da Orazio il 12 e 14 luglio 1603 nel processo per diffamazione intentato dal pittore Giovanni Baglione contro il Merisi.

L’11 giugno 1597 viene battezzato il secondo fratello di Artemisia, Francesco. Secondo l’atto, la famiglia viveva in “Platea Ss. Trinità (attuale piazza di Spagna), parrocchia di S. Lorenzo in Lucina. Il 16 settembre 1599 viene battezzato il terzo figlio maschio di Orazio, Giulio, e allora sono detti residenti in via Paolina (via del Babuino).Il 24 settembre 1601 muore il primogenito Giovanni Battista; il 13 ottobre viene battezzato un altro bimbo con lo stesso nome, che tuttavia muore il 2 febbraio 1603. Il 30 maggio del 1604 nasce Marco. Il 26 dicembre 1605 la madre Prudenzia, trentenne, muore di parto. A 12 anni, Artemisia si trova a doversi occupare dei suoi tre fratelli minori. Artemisia comincia il suo apprendistato nella bottega del padre nel 1608-09 circa, visto che Orazio, in una lettera datata 6 luglio 1612 alla granduchessa vedova di Toscana, Cristina di Lorena, scrive che “Questa femina… avendola drizzata nella professione della pittura, in tre anni si è talmente appraticata…”.

Nel 1610 Artemisia dipinge Susanna e i vecchioni (collezione Graf von Schönborn, Pommersfelden, Germania), la sua prima opera firmata e datata.

All’inizio del 1611 il clan Gentileschi risulta abitare in via Margutta ma in seguito si trasferiscono in via della Croce e, dal principio del 1612, in Borgo Santo Spirito.

Lanier lascia Venezia nella primavera del 1628 dopo aver caricato parte delle collezioni mantovane sulla nave cargo Margaret, mentre il resto prese la via di terra per Basilea. Nel 1628 Artemisia è ancora a Venezia quando riceve un pagamento di 1467 giulii e 14 baiocchi per un dipinto di Ercole e Onfale commissionato dal re Filippo IV di Spagna. Nel luglio del 1629 Artemisia accetta un invito dal nuovo vicerè, il duca di Alcalà, ma probabilmente si trasferisce a Napoli con la figlia Palmira solo nei primi mesi del 1630, per sfuggire alla peste che aveva colpito Venezia. L’Annunciazione (Capodimonte) è firmata e datata 1630.

Napoli è la capitale del viceregno spagnolo e la seconda metropoli europea per popolazione dopo Parigi. A Napoli, oltre all’opera lasciata da Caravaggio, lavoravano in quegli anni i due maggiori seguaci del caravaggismo meridionale: Jusepe de Ribera e Massimo Stanzione. A Napoli l’artista sarebbe rimasta - salvo la parentesi inglese e trasferimenti temporanei - per il resto della sua vita, maritandovi le figlie, godendo di una committenza prestigiosa e organizzando un’attività di successo anche in collaborazione con artisti locali come Stanzione e Viviano Codazzi, e a sua volta influenzandoli (in particolare Stanzione, Bernardo Cavallino e Francesco Guarino).

Il diplomatico e viaggiatore inglese BullenReymes, residente a Venezia tra il 1634 e il 1637, il 18 marzo del 1634 visita Artemisia a Napoli e riporta di aver visto la figlia Palmira che dipingeva e intratteneva gli ospiti della madre suonando la spinetta.Il 24 ottobre del 1637, dopodiversi rinvii, Artemisia spedisce a Roma - tramite il fratello Francesco - un Autoritratto (dovrebbe essere quello di Palazzo Barberini) a Cassiano dal Pozzo e tre grandi dipinti destinati ai cardinali Francesco e Antonio Barberinie a monsignor Ascanio Filomarino, futuro arcivescovo di Napoli (1641) e potente alleato di Artemisia. Scrivendo a Cassiano in questa occasione, Artemisia si lamenta di aver bisogno di denaro a causa delle spese per il matrimonio della figlia Palmira e gli chiede notizie del marito. Dei dipinti Barberini, uno rappresenta Cristo e la Samaritana, ora in collezione privata; il San Giovanni Battista nel deserto per monsignor Filomarino non è stato ancora identificato. 

Alessandra Masu

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